LA VIA DEL SOLE
Nessuno è tanto annoiato quanto un ricco” dice Mauro Corona parafrasando il grande poeta Iosif Brodskij, e lo sa bene il protagonista di questo romanzo, un ragazzo talmente abituato a ottenere tutto dalla vita che ormai da tutto è nauseato.
Di ottima famiglia, ricchissimo e anche piuttosto affascinante, a nemmeno trent’anni è già uno stimato ingegnere cui non manca davvero nulla: ville, automobili, ma anche amici, donne e salute. Un eccesso di cose per lui sempre più opprimente.
È per questo che di punto in bianco decide di dare una svolta radicale alla sua esistenza abbandonando il lavoro e rinunciando a ogni comodità per andare a vivere in una baita di montagna. E proprio mentre comunica ai genitori l’intenzione di ritirarsi sdegnosamente dal mondo, ne capisce ancora più profondamente le ragioni.
Evocando le memorie dell’infanzia, scopre infatti i ricordi buoni: visioni di cime lontane, limpide sorgenti, ruscelli canterini, pascoli verdi e cascate lucenti di sole. Sì, il sole!
È lui il ricordo più bello, il vero motivo che lo spinge a lasciare tutto e trasferirsi lassù. Ma una volta tra i monti, dove finalmente può dedicarsi incessantemente alla contemplazione della palla infuocata, si accorge che le ore di luce a sua disposizione non gli bastano più.
Ogni giorno osserva la via del sole scoprendo, con una certa stizza, che a levante una vetta ne ritarda l’uscita mentre, dalla parte opposta, un altro picco ne anticipa la scomparsa.
Accecato da un’avidità insaziabile, comincia quindi ad abbattere le cime che circondano la baita pur di godere, per qualche minuto in più, la vista del suo amato astro, dando così inizio a uno scempio colossale e insensato.
Con la sua scrittura caustica e sferzante, Mauro Corona torna a dare voce all’epica della montagna, regalando ai lettori un grande racconto morale, una riflessione di assoluta attualità su rapporto tra essere umano e Natura e una meditazione senza tempo sugli inganni del desiderio.
Dal libro:
“Tutt’attorno, da oriente a occidente, spiccavano rocce impervie, alcune alte e possenti, molte sottili e affilate, inquietanti come falci sospese sulla testa. Altre erano scabre e ossute come un corpo magro. Tutte evaporavano nell’azzurro di nebbiose lontananze diventando remote e misteriose pur trovandosi a portata di mano”.
“A occidente del luogo prescelto, dove il bosco affondava i piedi in una stretta valle, partivano verdi pascoli che salivano fino alle pendici delle montagne. Erano prati un tempo rabbrividiti dalla falce, solcati da numerosi ruscelli e rivoli d’acqua che correvano senza rumore nelle rigole a fil di terra”.
“Durante le ispezioni nei dintorni, il giovane aveva scoperto i ruderi di un’antica dimora, tracce di una casupola coperta da arbusti e ortiche. La visione lo rallegrò. Era segno che qualcun altro nei secoli passati si era appartato lassù, forse per fuggire anche lui dalle fauci del mondo”.
“Il giovane era frastornato. Lo assalivano i dubbi, paure, incertezze. Per un istante sentì prepotente la voglia di chiudere la porta e tornare in paese. Quel pensiero lo inorridì e dopo lo irritò. Sarebbe stato disastro, fallimento, sconfitta. Cose da non supporre nemmeno per scherzo. Capì che ci volevano coraggio, pazienza e determinazione per non assecondare l’impulso a fuggire”.