ARRAMPICARE
Una storia di rocce, di sfide e d’amore.
Mauro ha solo tredici anni e un’attrezzatura a dir poco inadeguata quando per la prima volta arrampica sul monte Duranno, ne ha diciotto quando apre la sua prima via sul monte Palazza, in Val Zemola.
Il suo allenamento? La vita di montagna – in cui tutto è salita, dalla raccolta della frutta alle spedizioni per far legna – e i racconti degli alpinisti, in osteria.
Spronato dall’audacia della giovinezza e dal talento, Mauro per decenni è in cordata con i più grandi. È tra i più assidui frequentatori del gruppo del Nuovo Mattino, che negli anni Settanta cambia il modo di vivere l’arrampicata in Italia. Partecipa a due spedizioni storiche: una in Groenlandia, dove perde la strada e rischia la vita, e una in California, insieme a Manolo, eccezionale scalatore e amico, in un clima di goliardia e scoperta (e qualche scontro con i ranger).
Oggi, chiunque si cimenti con le cime tra cui Mauro ha passato tutta la vita può farlo anche grazie alle centinaia di vie che lui ha aperto, ai chiodi che ha piantato. Grazie alla sua passione, alle sue mani e alla sua storia. Questa storia.
In pagine piene di sincerità, ironia, poesia, lo scrittore e alpinista racconta gli aneddoti di una vita di scalate, ma soprattutto ne restituisce con vividezza le emozioni: il tocco della roccia, la ruvida amicizia della cordata, ma anche il dono del legno e la filosofia semplice che accompagna le imprese e i giorni. Un diario di avventure tra le cui righe scorre la testimonianza di una ricerca continua: della cima, della pace con se stessi, del senso più profondo delle cose.
Dal libro:
“Quando montammo il campo base scoprimmo che il ghiacciaio si spostava, apparivano crepacci, dovevamo ogni volta riposizionare le tende. Era un mondo abbagliante e scricchiolante, incantato e letale. Dava le vertigini pensare che, su ogni cima che toccavamo, posavamo il primo piede umano: gli ultimi a tentare una spedizione da quelle parti, un gruppo di sloveni, si erano fermati molti chilometri più a sud”.
“A metà degli anni Ottanta, con Manolo, partimmo per una spedizione americana. La grande avventura internazionale della mia vita, dopo quella in Groenlandia. Avevamo un sogno e quel sogno aveva un nome: El Capitan, in California. Un’arrampicata fra le più dure al mondo”.
“È stato allora che mi sono ricordato le parole di Celio: guarda dove vedi l’unto dei camosci. Loro seguono sempre i percorsi più facili, facilissimi. E al passaggio lasciano una scia del grasso che hanno sotto le punte degli zoccoli, come una scia nera. Ho cercato quella scia e l’ho trovata”.