La Montagna

La Montagna

«Una chiacchierata con ventun giovani all’osteria Gallo Cedrone in una notte di primavera del 2002».

«Le parole che danno corpo a questo libercolo non vogliono, né potrebbero, avere pretesa letteraria giacché sono più o meno l’esatta sbobinatura dell’incisione nel CD che va a completare il contenuto del cofanetto. Si è avuta cura di lasciare le frasi tali quali come potranno essere udite in voce, togliendo al massimo le ripetizioni che immancabilmente un discorso diretto, e soprattutto fatto ad una certa ora della notte, porta con sé. L’irruenza istintiva cha fa capolino nel trattare un tema a me caro come la montagna, ha prodotto un testo a volte venato di polemica e a tratti anche retorico. Spauracchi che i depositari del “come si deve scrivere” cacciano all’Inferno assieme all’autore senza benefici di condizionale. Ma quando ci vuole ci vuole. Perciò queste pagine non contengono letteratura in forma di racconto, romanzo, poesia o quant’altro. Sono uno sfogo, una protesta, una richiesta d’attenzione ai giovani che oggi più che mai ha buon motivo di essere espressa».

Un piccolo paese, una vecchia osteria e un gruppo di studenti in ascolto. Le riflessioni dell’autore, in queste pagine, parlano ai giovani. I boschi, la montagna e la storia del passato fanno da tramite per portare l’attenzione sulle difficoltà della Natura, che corre un grosso rischio. Il rischio di piegarsi su se stessa e morire avvelenata come un fiore annaffiato da varechina. L’acido dell’inquinamento, dello sfruttamento, della superproduzione, del consumismo ad oltranza, della conquista dell’inutile, rendono la vita dell’essere umano molto più fragile. Tendere una mano e opporsi al disastro che si profila è compito arduo ma che tocca tutti da vicino.

Le riflessioni sono raccontate a un gruppo di studenti in una vecchia osteria di Erto in ora tarda: un tentativo di mettere sul chi vive la coscienza dei giovani, saranno loro, in futuro, a proteggere la salute del pianeta.


Dal libro:

“Ascoltando si sta meglio. Quindi, porre attenzione ai rumori. L’orecchio è una cosa importantissima. Il ronzio di un calabrone o il vento in una radura possono suscitare emozioni nuove, stimolare la creatività, la poesia. In questo modo uno torna a casa la sera e scopre di stare bene, di essere più tranquillo”.

“Una volta esisteva la festa degli alberi. Gli alunni delle scuole elementari, guidati degli insegnanti, un certo giorno d’aprile, rispettando la luna giusta, piantavano alberi. Qua e là, dove mancavano. Oggi quella festa è sparita, non c’è più traccia. Proporrei la festa degli alberi nelle fabbriche, nelle scuole, nei conventi, nelle università, al Parlamento. Dappertutto dove c’è gente. Nelle città intere. Cinquanta milioni di alberi messi a dimora. Ve lo immaginate? Di quei cinquanta attecchiranno solo dieci. Dieci milioni di alberi sono un mare di vita, di salute, di forza”.

“L’uomo sta perdendo la fede. Senza fede non c’è rispetto per nulla. Nemmeno per se stessi. Il rispetto è anche tenere da conto le cose belle per coloro che vengono dopo di noi. Non dovrebbero essere necessarie le imposizioni dei sindaci per limitare le auto in città. Fare qualche chilometro a piedi non guasta. Se uno deve fare dieci chilometri per recarsi al lavoro, sono un po’ troppi. Ma per un chilometro o due, facciamoli a piedi. Andiamo a prendere nostro figlio a scuola camminando con lui. Porgiamogli una mano e accompagniamolo a casa raccontandogli una fiaba. È già un primo passo”.

Pubblicazione

2002

Casa Editrice

Ed. Biblioteca dell'Immagine

Pagine

100

Note

Moniti e salvaguardia della Natura.
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